La prefazione di Nico Ivaldi del libro Pass-Pre-Fut
libri > Pass-Pre-Fut
Tutte le vite sono interessanti, il difficile è saperle raccontare.
Non ricordo più chi l’abbia scritto, ma questa frase racchiude un sacco di verità. So di persone che, animate dalle migliori intenzioni, hanno cominciato a scrivere la propria autobiografia per poi abbandonare l’impresa dopo le
prime pagine.
Il fatto è che se non hai mai scritto nulla prima di allora, non puoi inventarti un mestiere così su due piedi. E quindi dopo le prime pagine scritte di getto e la confidenza fatta ai familiari (“sono sicuro che verrà un bel libro, non disturbatemi che ho tanto da raccontare”), paf, ti afflosci di colpo, come se ti fosse venuta a mancare la benzina. Il motore si spegne e tu resti fermo, senza più sapere come fare per ripartire. E addio storia della tua vita.
Però avevi preso atto che mettere per iscritto i tuoi ricordi sarebbe stata una cosa bella, per te innanzitutto, ma anche per gli altri proprio perché, e qui torniamo all’inizio, ogni vita merita di essere narrata, sempre a patto di saperlo fare. Avevi le buone intenzioni, ma ti mancava la pratica quotidiana della scrittura. E adesso che eredità lascerai ai tuoi nipoti?
Io suppongo che quando Maurizio si è messo per la seconda volta davanti al computer per raccontare una nuova storia - dopo “Blocco 417”, il diario della sua incredibile odissea ospedaliera, appunto 417 giorni di ricovero, diciassette interventi e per quattro volte a un passo dal baratro tutti questi problemi non se li sia fatti.
Scrivo per divertirmi e scrivo perché mi fa stare bene, deve avere pensato: nessuna ansia da prestazione, non ce n’era bisogno. Anzi, ha utilizzato la scrittura come pratica terapeutica, dopo i giorni del buio e delle certezze sgretolate, come rimedio naturale ai mali del corpo e come carezza dell’anima. E con sua grande gioia ha visto che ha funzionato.
Quanto al mestiere, lui in qualche modo lo sta imparando un poco alla volta pestando tutti i giorni sui tasti del computer, arrovellandosi sull'aggettivo migliore da scegliere e riordinando nella sua testa i ricordi di una vita intera: tutti esercizi utili per la mente, che alla sua età (ehm…) dio solo sa quanto bene facciano.
E può essere soddisfatto anche di questo secondo libro: sembrerà banale, e chi scrive libri lo sa bene, ma mettere definitivamente la parola punto alla fine di tutto - dopo revisioni riletture correzioni con annesse incazzature e
ore spese davanti alla fatidica pagina bianca - rappresenta il punto di arrivo di un lungo lavoro, e se il lavoro è anche ben fatto, come in questo caso, la soddisfazione è doppia.
So che Maurizio non ha il coraggio di confessarlo ma sono convinto che ora che il libro è uscito e dunque non è più suo, ma appartiene alle lettrici e ai lettori, lui si senta già un orfano della scrittura, e credo che gli piacerebbe rimettersi subito all'opera per scriverne un altro, magari con un sottofondo rock di uno dei suoi preziosi vinili anni Settanta.
Magari mi dirà che non è così, che ora ha soltanto bisogno di rilassarsi e di dedicarsi ad altro, chi lo sa, ma io non gli credo.
Sento che una nuova malattia si è impadronita di Maurizio, un virus da cui, una volta contagiati, non si guarisce più, ma non è proprio il caso di preoccuparsi, almeno stavolta. Lasciamo che agisca e faccia effetto e così sia.
Nico Ivaldi