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La prefazione di Nico Ivaldi del libro Cose Sco-Mode Come-Te - Maurizio Benvegnù autore

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Maurizio Benvegnù
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La prefazione di Nico Ivaldi del libro Cose Sco-Mode Come-Te

libri > Cose Sco-Mode Come-te
    Il primo libro è una necessità, il secondo una conferma e il terzo un’aggravante. Non ricordo chi l’abbia scritto, ma nel caso del mio amico Maurizio corrisponde al vero.
    “Blocco 417” era nato quasi di getto, dettato dall’urgenza di raccontare quegli interminabili 417 giorni di permanenza ospedaliera consecutivi e di trascrivere i sogni e gli incubi vissuti (vissuti?) durante il lungo periodo del coma.
    Per non piangere, e soprattutto per non farci piangere, Maurizio aveva stemperato quel drammone sanitario con la sua comicità, purtroppo per noi volontaria, tanto da farci domandare se, durante gli interventi, qualche sostanza misteriosa non fosse penetrata nella sua corteccia cerebrale e avesse scatenato i neuroni dell’umorismo.
    E non lo dice chi scrive ma lo sostiene la scienza, che sta cercando di capire cosa avviene nel cervello della persona che prova a inventare qualcosa di comico. (Se Mauri volesse fare da cavia all’esperimento, gli passo il numero di telefono dello studioso, che esiste per davvero).

    Arriviamo al secondo libro, la conferma, intitolato “PassPreFut”.
    Adesso Maurizio è più sicuro nella scrittura, ci ha preso gusto, si diverte come un matto, è la cosa che gli dà più soddisfazioni dalla sua “rinascita”, come la chiama lui, se si esclude la rigenerante tazzina di caffè al risveglio.
    È ancora un formidabile battutista ma quando scrive “credo che la vita abbia un senso finché hai una storia da raccontare”, dimostra non soltanto di avere capito l’utilità terapeutica dello scrivere, ma anche il suo fine ultimo che è la testimonianza.

    Ed eccoci all’aggravante, il suo terzo libro, intitolato “Cose Sco-Mode Come-Te”, che già nel titolo dimostra l’inasprimento del delirio del nostro Maurizio.
    Il sottotitolo è “La venticinquesima ora”, quell’immagine di un’ora in più, al termine delle ventiquattr’ore, che ha ispirato molti tra romanzi e film. È un’ora che non esiste, ma per lui esiste eccome, è molto viva, e per questo decide di descriverla, e tra l’altro corrisponde al venticinquesimo intervento in anestesia totale; dunque, il significato è doppio (è sicuro come l’aria che abbia fatto apposta a fare combaciare i due venticinque).
    Così, durante quel tempo sospeso, tornano alla luce momenti di vita che mescolano passato e presente in un gioco di rimandi, di connessioni e di flash-back temporali, tali da riportare Maurizio indietro nel tempo, alla ricerca di cose e persone perdute e mai dimenticate.
    E per noi che apparteniamo alla sua generazione è stato come rituffarsi nel brodo primordiale dei ricordi, quelli che ancora oggi fanno muovere le nostre corde più sensibili e ci fanno dire, sospirando, “ah, che bei tempi”.
    Ci hai commossi, mannaggia a te, non farlo più.

Nico Ivaldi
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